Il termine Banconota deriva dall'espressione nota del banco, e risale al XIV secolo; in origine essa riconosceva il diritto del possessore della nota di ritirare il metallo prezioso (solitamente oro e argento) depositato presso un orafo-banchiere (si trattava cioè di moneta cartacea rappresentativa).
Il primo a introdurre l'uso di banconote di carta fu l'Imperatore cinese Hien Tsung nell'806 d.C.
Chi possedeva metallo prezioso aveva interesse a depositarlo presso operatori specializzati nella sua conservazione e protezione dai ladri. Inoltre aveva interesse a rivolgersi agli orafi-banchieri per trasferire i metalli preziosi senza doversi sobbarcare il costoso e rischioso trasporto. Bastava trasferire il documento e incassare il metallo presso un secondo orafo-banchiere, collegato al primo da legami di affari.
Tali documenti, già impiegati in Cina ai tempi di Marco Polo, erano più facili da trasportare del metallo prezioso e inoltre potevano essere emessi anche per valori nominali superiori al valore del metallo prezioso custodito dagli orafi banchieri.
Ciò era possibile perché le esigenze di cassa degli orafi-banchieri consentivano loro di tenere sotto forma di riserva solo una parte del metallo prezioso depositato, usando la restante parte per concedere prestiti o effettuare pagamenti per conto di terzi; inoltre le effettive richieste di conversione delle riserve metalliche depositate divennero sempre minori, dato che la fiducia degli operatori aveva determinato l'affermazione delle banconote stesse come circolante; infine l'emissione di moneta sotto forma di banconote, costituendo una forma di credito, aveva effetti espansivi sull'economia (oltre che sui profitti dei banchieri), che pertanto era beneficiata dalla scelta di detenere solo una parte del metallo prezioso sotto forma di riserve.
Nell'era contemporanea furono i funzionari francesi di Napoleone a imporre in tutta Europa l'uso di carta moneta. Nel XIX secolo però, la moneta cartacea poteva ancora essere sentita come un sostituto della vera moneta metallica, essendo sempre possibile la riconversione in oro. Si arrivò, nei momenti di crisi, a stabilire il corso forzoso, cioè la sospensione ex lege della convertibilità.
In Europa poi, nel periodo di relativo benessere dell'inizio del XX secolo, si assistette addirittura ad una situazione in cui il corso delle banconote faceva aggio sull'oro: nella libera fluttuazione tra moneta cartacea fiduciaria e moneta aurea, ci furono momenti in cui i cittadini preferivano la comodità della cartamoneta rispetto alla poca praticità della moneta metallica.
Lo scoppio della Prima guerra mondiale portò ben presto alla svalutazione della moneta cartacea, addirittura rovinosa per il marco tedesco: il finanziamento delle spese belliche era avvenuto infatti attraverso l'emissione di moneta cartacea.
La libera convertibilità rimase una prerogativa degli Stati Uniti d'America, che anche per questo divennero il centro dell'economia monetaria mondiale fino alla grande depressione del 1929, per affrontare la quale il presidente Roosevelt effettuò una svalutazione a freddo, accompagnata da altre drastiche misure.
Con questi provvedimenti Roosevelt stabilì che le monete d'oro non avevano più corso legale negli Stati Uniti, e la gente dovette convertire le proprie monete d'oro in altre forme di valuta; questa legge portò gli Stati Uniti fuori dal cosiddetto gold standard, e inoltre implicò anche la fine della regola per cui la valuta cartacea degli Stati Uniti poteva essere scambiata con oro in tutte le banche della nazione. La centralità dell'oro venne comunque ribadita nel sistema di Bretton Woods.
Il passaggio alla moneta cartacea avvenne a partire dal 1971, quando gli Stati Uniti dichiararono la fine di ogni rapporto di conversione tra banconote e oro (passando definitivamente alla moneta cartacea convenzionale). Ciononostante su alcune banconote è rimasta per lungo tempo una scritta che ricordava l'antico diritto del portatore di ricevere metallo prezioso presentando la banconota posseduta.
Nell'era contemporanea la moneta cartacea ha subito un'altra modifica, essa viene sempre più sostituita dalla moneta elettronica, costituita da carte di credito normalmente in plastica e da una banda magnetica (emesse da società finanziarie, banche o istituti di credito dell'e-payment o del credito al consumo all'uopo autorizzate), che consente la memorizzazione di dati sia dell'utente (titolare intestatario della carta) che di eventuali altri dati (quali: codice PIN serie numerica di cifre diverse o uguali, alfabetica insieme di vocali e/o consonanti, oppure alfanumerica composta da numeri e lettere, onde reprimere frodi), oppure altri dati riferiti a operazioni e transazioni effettuate tra le società emittenti la carta e l'utente.